È prorogata fino al 28 ottobre Paesaggi Interrotti, personale di Lucio Salzano a Palazzo Venezia.
La mostra riunisce diversi pastelli ad olio e tecnica mista su cartone e masonite, realizzati dal 2015 a oggi, alcuni dei quali inediti e realizzati site-specific per l’evento, altri provenienti da precedenti personali come le opere prodotte in estemporanea per Le dimensioni dell’arte live experience (Certosa del Museo di San Martino di Napoli, settembre 2018), nell’ambito di una performance che ha visto come protagonisti Salzano, il musicista Antonio Onorato e la danzatrice Rita Marasca.
Poetic Juke Box e Poetic Dream: tra poesia, sogno e set teatrali
Lucio Salzano non è nuovo alla contaminazione dei linguaggi: attore e regista di teatro, sperimenta da molti anni delle forma di espressione artistica che sfuggono ad una rigida classificazione: per esempio, Poetic Juke Box (Parco dei Camaldoli, 2006) una performance in equilibrio tra la rappresentazione teatrale e l’arte relazionale. Definita dall’artista “una macchina teatrale interattiva” permetteva allo spettatore di scegliere tra 48 poesie del Novecento italiano che venivano interpretate dalle musiche di Antonio Onorato, dalla voce di Antonella Monetti e dalle immagini di Enrico Grieco, proiettate sul corpo dell’attrice stessa.
Insieme alla pluralità dei linguaggi, l’arte di Salzano segue un ulteriore fil rounge, che può essere considerato una cifra distintiva di tutta la sua produzione sia teatrale che visiva: ovvero la dimensione onirica, che traspare sia dalle immagini pittoriche che dagli allestimenti, i suoi “set teatrali”. Un esempio è Poetic Dream, trasposizione onirica di Poetic Juke-box negli spazi del Museo Archeologico Nazionale (2009). Anche in questo caso l’interazione con gli spettatori era fondamentale al punto che, entrando nello spazio scenico, ne diventavano anche attori. Insieme alle animazioni di Paco Desiato, ad Antonella Monetti e ad Antonio Onorato, attore e compositore delle musiche originali, in Poetic Dream lo stesso spazio del museo era parte integrante del progetto, non scena, ma set teatrale. Una contraddizione (il set segue canoni che rimandano al cinema, al girato e la visione è completamente diversa rispetto a quella frontale del palcoscenico) che probabilmente sarebbe piaciuta a De Chirico. Ma i “manichini” di Salzano sono corpi vivi e superfici di una pittura di luce temporanea e sfuggente, come le impressioni del sogno che scompaiono al mattino, ma lasciano un’impronta che è impressione di realtà nella mente del sognatore.
La realtà e il sogno dei Paesaggi Interrotti
Alla luce delle esperienze precedenti, il percorso espositivo di Paesaggi interrotti si presenta come un allestimento più tradizionale, (con le opere a parete, per intenderci) che viene subito contraddetto dalla commistione con una rielaborazione di Poetic Juke Box con Antonella Monetti e le musiche originali composte ed eseguite da Antonio Onorato, in una versione in cui sono state video-proiettate le opere in esposizione.
Nell’origine della mostra, inoltre, è forte il riverbero dei tempi oscuri che abbiamo vissuto e (ahimè) stiamo ancora vivendo, come afferma l’artista stesso: «Paesaggi interrotti è quando l’orizzonte si allontana dalla propria esperienza, quando la libertà delle persone non è più piena, un black out che tutti abbiamo vissuto e che io in qualche modo inconsciamente ho trasposto nelle mie ultime opere oniriche».
Ma nella visione di Salzano il black out è azzurro, blu oltremare, a tratti arancio: i suoi paesaggi sembrano visioni che si ricompongono dietro ad un vetro smerigliato, filtrate da una visione che le smaterializza e li ri-materializza sotto forma di colori in movimento.
I timori del reale da un lato irrompono prepotentemente nel segno e nel gesto che informano le opere, ma dall’altro vengono filtrati dalla materia pastosa del pastello ad olio, dalle tinte festose e dai materiali poveri del supporto (il cartone, le fibre di legno pressate della masonite), che ci tengono saldamente ancorati al suolo del quotidiano e rendono le opere presenti e vive, non visioni evanescenti di timori e oscurità, ma slanci umani, materiali e pregne di vita verso la libertà perduta. Una dimensione di confine, non completamente reale né perfettamente onirica. Forse perché, in fondo, La vida es sueño.
dal 15 al 28 ottobre
Palazzo Venezia – via Benedetto Croce 19 – Napoli
Orari: lunedì-domenica dalle 10.30-13.30 e 15.30-19.00 (i giorni 15, 16, 17 e 18 ottobre con prolungamento fino alle 21)
Per ulteriori informazioni: palazzovenezianapoli@gmail.com e Facebook