Autunno tedesco

Il millenovecentoquarantasei è l’anno zero in Germania. I martellanti bombardamenti alleati hanno ridotto in un cumulo di macerie le principali città del paese. Gli anglo-americani stanno predisponendo il ritorno dei tedeschi occidentali nell’alveo della democrazia. Ma è un popolo diverso quello che si appresta a tornare alle urne? Cosa rimane di dodici anni di dittatura hitleriana e di delirio nazista?

La grande malata d’Europa

Quella della Germania è stata una “resa incondizionata”; la miseria in cui versa una nazione tanto fiera è vissuta dalla popolazione soprattutto con un senso di abiezione e ingiustizia. Tanto forti sono questi fattori che di questo periodo, ancora oggi, i tedeschi fanno fatica a parlare. Per raccontare tutto questo serve una voce esterna.

In questo spettrale e incerto scenario arriva negli ultimi mesi del 1946 un giovane reporter svedese, destinato a divenire uno dei più eminenti scrittori scandinavi: Stig Dagerman. Autunno tedesco (pubblicato da Iperborea) è il libro che raccoglie gli articoli scritti per documentare la situazione, viaggiando tra Amburgo, Essen, Francoforte, Berlino e Monaco.

Lo scrittore Stg Dagerman
Stig Dagerman (1923-1954)

L’arte di scendere in basso

Dagerman si infila nelle cantine in cui hanno trovato rifugio donne con i loro bambini malaticci. Dagerman viaggia negli infernali, sovraffollati vagoni in cui profughi e nullatenenti si muovono tra una città e un’altra, spesso senza un vero scopo, o spinti dalle autorità. Dagerman cerca di andare in profondità, di capire i sentimenti di questo popolo, aldilà dell’evidente stato di necessità. Sa bene che i vincitori sono preoccupati: i tedeschi sembrano non provare quel senso di colpevolezza collettiva necessaria a redimersi. Dopo tutto quello che le armate tedesche hanno causato in Europa e nel mondo la maggior parte di loro sembra essere convinta di aver già pagato abbastanza. Entrando in una cantina allagata o in qualunque altro luogo malsano, il giornalista straniero si sentirà dire che si stava meglio con Hitler. Ma, dice Dagerman, è come chiedere a un uomo che sta affogando se stava meglio quando era a galla. In tanti, poi, accusano gli Inglesi di voler ritardare di anni l’inizio della ripresa economica.

Intanto il governatorato anglo-americano ha adottato un sistema di amministrazione della giustizia atto a realizzare la cosiddetta “denazificazione”. Principale strumento è un tribunale speciale definito Spruchkammern che funziona molto sulla delazione. Un forte senso di iniquità sociale persiste: sembra che gli occupanti non abbiano avuto l’accortezza di evitare a nazisti conclamati di riciclarsi in questo loro nuovo apparato.

Ci sono ancora privilegiati e intellettuali che sembrano cinicamente chiusi in un modo di affari privati e compiacimento letterario. Dagerman li tratta con sottile e aspra ironia; ma è già sull’aeroplano che lo riporta in patria quando si chiede che distanza ci sia tra letteratura e sofferenza. E qui forse c’è l’idea che sorvolando di notte un paese distrutto e “malato”, egli stia tornando alla propria vita, laddove queste laceranti domande sulla condizione degli uomini è solo interiorizzata e apparentemente superata.

C’è una chiarezza che proviene da una senso di giustizia non sommaria, e sensibilità, in questi racconti di Dargerman. Il suo è stato un “cuore intelligente” (così lo definisce Giorgio Fontana nella post-fazione, citando Finkielkraut), approdato a una prematura fine.

Copertina del libro Autunno tedesco

Il nostro libro su Iperborea

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