74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica – Una Famiglia

Lucida fotografia di un rapporto morboso tra un uomo e una donna che si amano ma di un amore malato, che genera sofferenza, non serenità, disagio, non armonia.

Vincent è nato cinquant’anni fa vicino a Parigi ma ha tagliato ogni legame con le sue radici. Maria, più giovane di quindici anni, è cresciuta a Ostia, ma non vede più la sua famiglia. Insieme formano una coppia che non sembra aver bisogno di nessuno e conducono un’esistenza appartata nella Roma indolente e distratta, nonché astratta, dei giorni nostri, culla ideale per chi vuole vivere lontano da sguardi indiscreti. In più, Vincent e Maria sono bravi a mimetizzarsi: quando prendono il metrò, si siedono vicini, teneramente abbracciati. A volte cenano al ristorante, più interessati a guardarsi negli occhi che al cibo nei loro piatti. Quando tornano a casa, fanno l’amore con la passione degli inizi, in un appartamento di periferia che lei ha arredato con cura.
Eppure, a uno sguardo più attento, quella quotidianità dall’apparenza così normale lascia trapelare un terribile progetto di vita portato avanti da lui con lucida determinazione e da lei accettato in virtù di un amore senza condizioni. Un progetto che prevedere di aiutare coppie che non possono avere figli.
Maria (una sofferta e sopra le righe Micaela Ramazzotti) e Vincent (il divo pop francese Patrick Bruel), sono una coppia legata da un amore ossessivo e da un segreto: da anni lei, con la complicità del compagno, rimane incinta per poi vendere i suoi figli ad altri. Lo fanno per soldi, per un’idea di giustizia sociale o un’incapacità di creare una loro vera famiglia?
Arrivata a quella che il suo istinto le dice essere l’ultima gravidanza, Maria decide che è giunto il momento di formare una sua vera famiglia. La scelta si porta dietro una conseguenza inevitabile: la ribellione di Maria a Vincent, l’uomo della sua vita.

Maria è rappresentata senza stravaganze, con la dovuta discrezione, in modo da comunicare la sua fragilità ma anche il suo desiderio, lacerato e tuttavia fortissimo, di essere madre.
Questo film è stato ispirato da storie vere. Esiste un mercato nero di bambini anche in Italia, come in molti paesi del cosiddetto Terzo Mondo, che si tiene in piedi grazie a una fortissima richiesta. Prova ne sono le numerose inchieste che si sono susseguite in questi ultimi anni dal Nord al Sud di Italia. Il film è ispirato a vere intercettazioni raccolte nella zona di Mondragone, dove una donna avrebbe partorito e venduto più di dieci figli in quindici anni.

Il film nasce da una prima suggestione personale del regista Sebastiano Riso: «Per avere un figlio, io e il mio compagno dovremmo andare all’estero. Le coppie omosessuali non vengono considerate idonee, così come chi non ha un certo benessere economico. Ma io non voglio comprare un figlio, vorrei invece che lo Stato mi riconoscesse la possibilità di adottarne uno. Oggi invece in Italia le adozioni sono appannaggio di un certo tipo di coppia eterosessuale e benestante. I criteri molto rigidi creano un mercato nero di neonati che, in realtà, è sempre esistito, per esempio nei territori agricoli dove la bracciante faceva il figlio per la signora sterile. Negli Usa con centocinquamila euro si può comprare un bambino facendo finta che sia proprio: così la possibilità di essere genitori diventa una questione di soldi. Con gli sceneggiatori ci siamo domandati cosa significa tutto questo dal punto di vista più filosofico e politico. È anche un modo per parlare dell’Italia. È uno Stato che, discriminando le famiglie non tradizionali, porta all’illegalità. C’è chi, per comprare un figlio e realizzare il suo sogno di una famiglia, chiede dei finanziamenti: è agghiacciante e bellissimo allo stesso tempo».

Ma, attenzione, il vero tema di questo film non è l’utero in affitto né le madri surrogate né le adozioni illegali. Un film parte sempre da un argomento, in questo caso di sicura quanto controversa attualità, ma poi va ad approfondire una dinamica umana, una relazione, dei personaggi che siano il più possibile rappresentativi. In questo film la dinamica umana è quella della dipendenza, la relazione è un rapporto morboso tra un uomo e una donna che si amano ma di un amore malato, che genera sofferenza, non serenità, disagio, non armonia. E i personaggi sono quelli di Vincent e Maria, lui un uomo distruttivo e in realtà anche autodistruttivo (fino a vendere i suoi stessi figli), lei una donna fragile e a lui soggiogata a tal punto da perdere la libertà sul proprio corpo, ma che nel corso della storia troverà la forza di ribellarsi.
Non è un instant-movie sull’utero in affitto ma un crudo, livido dramma di sentimenti, che probabilmente farà molto discutere.

Sebastiano Riso – Una famiglia
Venezia 74
Italia / 119′
lingua Italiano
cast Micaela Ramazzotti, Patrick Bruel, Fortunato Cerlino, Ennio Fantastichini, Matilda De Angelis
sceneggiatura Andrea Cedrola, Stefano Grasso, Sebastiano Riso
fotografia Piero Basso
montaggio Ilaria Fraioli
scenografia Paola Bizzarri
costumi Johanna Bronner
musica Michele Braga
suono Maricetta Lombardo
effetti speciali Flat Parioli